Vorrei


Vorrei non essere nervosa
Stare bene con le persone che amo
Un uomo da amare e che si faccia amare

Vorrei avere una casa
E che abbia tanta luce
E tappeti fatti a telaio

Vorrei stare bene anche in inverno
Non sentire freddo
E che le sigarette non facessero male

Vorrei non preoccuparmi di mangiare
Vorrei dei bambini, almeno uno
E dopo qualche anno un altro

Vorrei essere una buona madre
E dar loro un buon padre
Vorrei un giardino, anzi un boschetto, con tanti alberi per poter respirare

Vorrei essere bella sempre
Anche quando sarò vecchia
Vorrei non piangere mai, non piangere più

Vorrei buttare via il telefono
Vorrei che il mondo tornasse indietro di qualche anno,
Quando gli abbracci avevano più calore e le merende più sapore.

Foto: Pixabay, Free-Photos

Seguimi su Facebook




Tentazioni da rientro


I negozi sono già pieni di dolcevita, giacche e cappotti e, anche se la temperatura è pienamente estiva, mi viene voglia di fare rifornimento di maglioncini colorati. Questo è il periodo dell'anno in cui è ancora talmente caldo che ti sembra impossibile che l'inverno sarà così freddo e ti illudi di nuovo che un lupetto col collo alto ma che lascia scoperto l'ombelico sarà sufficiente a riscaldarti quando fuori c'è la neve (del resto non è così nei film?).
Restando in tema di tentazioni fuori stagione, pochi giorni dopo il mio rientro in città, stavo facendo un giro in centro. Ho imboccato un vicolo stretto, dove per far posto alle macchine che, in virtù di qualche strana legge municipale circolano anche lì, mi sono dovuta appiattire contro un muro e procedere a mò di granchio in posizione verticale. E chi vedo spuntare, appiattito contro lo stesso muro ma in direzione opposta, cioè venire verso di me? Piergiorgio, il mio ex fidanzato. Quello che ho deciso di mollare per l'ennesima volta proprio prima di partire per le vacanze Quello che, ho giurato a me stessa, non può essere definito l'uomo per me. Ci siamo ritrovati praticamente a sbattere contro.
Appena mi ha vista, il suo sguardo ha viaggiato sull'intera mia lunghezza (che, vabbè, è molto relativa). E il suo primo commento è stato proprio sul mio vestiario:
"Ti stai trasformando! Cos'è, hai rivoluzionato il tuo guardaroba?".
Abbiamo parlato per un'ora intera in quel vicolo, ancora schiacciati contro il muro, incuranti delle macchine che passavano, e quando mi ha chiesto di uscire di nuovo è stato come se, in fondo, me l'aspettassi.
Siamo usciti la sera stessa (in barba alle Regole, in particolare alla regola del preavviso di tre-quattro giorni), e il giorno dopo e quello dopo ancora.
Il problema di frequentare di nuovo Pietro è che la sua presenza mi attira e mi inquieta al tempo stesso. Il solito, antico circolo vizioso. Così, sono uscita allo scoperto:
"Senti, io voglio prendermi quella distanza che non sono mai riuscita a prendere con te. Vorrei che ricominciassimo da capo, come amici. Sì, lo so che suona un po' ridicolo. Diciamo come due che escono insieme per le prime volte, con la differenza che noi ci conosciamo già. Come i nostri problemi, ad esempio: entrambi li conosciamo bene. Però, al tempo stesso, ci sono anche tante cose che non conosciamo l'uno dell'altro, e forse è ora di esplorare quelle".
Potevo vedere la titubanza mentre guidava accanto a me, l'espressione di chi sta ponderando le parole che gli sono appena state rivolte.
Ma, a onore del vero, abbiamo passato quattro giorni magici, con il gusto pieno di stare insieme e il collante della voglia di cercarsi.
Niente sesso, questo l'ho imposto io. Lui ha avuto grande rispetto di me e della mia decisione. E' stato molto dolce, in un modo che non gli avevo mai visto (forse prima non gliel'avevo mai permesso?).
Ho smesso di tenere la linea dura, di dimostrare la mia indipendenza da lui, di separare a tutti i costi le nostre vite. L'ho ascoltato ogni volta che parlava, mi sono abbandonata alla felicità di passare il tempo con lui, di dividere le piccole abitudini quotidiane. In qualche modo, sono stata la sua donna. Non gli ho nascosto debolezze e stati d'animo. Ed è andata a gonfie vele.
A questo punto mi chiedo, quando è che una storia è veramente finita? Avrei giurato che questa relazione fosse arrivata all'inderogabile parola 'fine', e invece eccoci qua, in questo strano ritrovamento. Potrebbe essere la volta buona, oppure no. Non è importante. Ciò che conta è il modo in cui, per la prima volta dopo tanti mesi, siamo riusciti a stare insieme. Ciò che conta sono le sensazioni, la felicità che ho provato nell'avere vicino un uomo, guardarlo e trovarlo così bello, lasciare che mi coccoli e si prenda cura di me, stargli vicino perchè lui lo desidera; rispettarlo e ascoltarlo. Da quanto tempo non mi succedeva!
Intanto io continuo a fare le mie cose, a lavorare, ad allenarmi.
Tra poco sarà inverno.

Foto: TwinkleArora1989, Pixabay

Seguimi su Facebook

Girl-power

Un'ondata di potere femminile dilaga dentro di me; mi sento tanto Malefica della Bella Addormentata mentre dice con un ghigno 'Che giornata memorabile'.
Oggi due tipi col fisico da urlo mi fissavano continuamente e mi hanno salutato quando me ne sono andata (uno in spiaggia e l'altro nel locale in cui ho passato la serata). Sono al top.
Lo so che questa non è la vera fonte del girl-power. Lo so che dovrei attingere la mia forza da me stessa, dal mio profondo bacino culturale, dal fatto che sono in grado di sferrare una discreta serie di doppi calci laterali e non dalle sorgenti di testosterone piacenti (e compiacenti) che mi gravitano attorno. Ma diciamocelo: noi donne abbiamo, tra le altre, questa innata forma di potere che si attiva solo con l’apprezzamento maschile. Prendete ad esempio quando ci capita di sfilare di fronte al classico cantiere: i commenti dei muratori quasi ci infastidiscono, soprattutto –ovviamente e a ragione- se sono volgari. Se però, per disgrazia, al nostro passaggio non si leva un filo di voce, nemmeno un ‘like’ vocale tipo ‘abbella’ o ‘complimenti’ o ‘oh, Giovà! Quarda questa’ sussurrato al collega, è molto, molto peggio. Un moto di delusione interna risveglia paranoie sempre pronte all’agguato: cos’è questo silenzio? Sono vestita male? Sono brutta? Sono grassa? Sono vecchia?
Io questa forma di potere l’adoro e quando è dormiente da un po’ comincio ad indebolirmi. Ma stasera sono veramente su di giri. Mi sento bene, in forma e carina. Sono tranquilla, razionale, rilassata, obiettiva e calma. I cravings da cibo se ne sono andati, così come i brufoli. 
Il punto è che non importa se siamo brutte, grasse, vestite male o vecchie. Ciò che trapela all’esterno - e che provoca l’amato/odiato fischio- è quando stiamo bene con noi stesse. La fiducia che abbiamo in noi stesse si trasforma in sensualità individuale. Magari non siamo Belen, ma siamo brave in qualcosa. Magari non siamo una taglia 38, ma abbiamo due tette orgogliose che chissà in quante ce le invidiano. O forse abbiamo occhi che trafiggono e un sorriso che arriva a destinazione. E’ l’aura che vi circonda a rendervi sexy, perciò nutrite la vostra aura con una buona dose di autostima!

Foto: claudiaschmidt2, Pixabay

Seguimi su Facebook

Il conforto dei carboidrati

Oggi ho decisamente bisogno di coccole. Quanto vorrei che me le facesse 'lui'.
E invece, l'unico conforto che ho trovato è nel cibo.
Ho mangiato da fare schifo.
Non credo di riuscire a fare un elenco esatto della roba che ho ingurgitato,  ma più o meno è andata così:

3 croissant
1 brioche
1 yogurt con cereali (diciamo più correttamente, una montagna di cereali condite con lo yogurt)
1 succo di pompelmo (tanto per stare leggeri)
Latte e biscotti (quantità imprecisata di Abbracci, tanto per riempire il vuoto affettivo)
1 piatto di pasta
Pane (quanto basta per calmare le mascelle)
Insalata
1 salsiccia (non trascuriamo l'apporto proteico)
1 caffè

E sto aspettando di andare a cena.
Dio, mi vergogno da sola!
Ma ho scoperto che sola non sono: Women's Health ha pubblicato un articolo di Giselle Wainwright in cui si fa luce sul fatto che sempre più persone usano il cibo come 'rimedio', e non nel senso sano del termine, badate bene. L'abbuffata emotiva è un meccanismo di conforto per tentare di gestire emozioni che ci fanno male. Mangiamo per placare, per coprire, per non affrontare. Solo che quando la sensazione di conforto passa, le emozioni tornano, a volte più grandi, più potenti e armate, questa volta, dal senso di colpa. Perchè cedo sempre a questo meccanismo? Perchè non sono come gli altri, che magari, di fronte allo stress hanno meno appetito o soffrono di insonnia? Beh, c'è una notizia che può servire almeno a mitigare questo subdola, autolesionista e scarsa considerazione di noi stessi: le persone che tendono ad abbuffarsi per gestire le emozioni negative sarebbero geneticamente programmate per farlo. Una ricerca condotta dalla York University in Canada ha osservato una corrispondenza tra comportamento alimentare distorto e presenza di geni che lo incoraggiano. Nel nostro corpo ci due geni coinvolti nell'apprezzamento del cibo: il gene DRD2, responsabile del rilascio di dopamina, e il gene OPRM1, che contribuisce alla creazione di dipendenze a livello cerebrale. In pratica i ricercatori rivelano che, tra le persone che hanno partecipato al progetto, quelle che tendono a consolarsi attraverso l'ingurgitamento di calorie hanno maggiori ricettori per il gene OPRM1.
Questo serve forse a mettere a tacere quella fastidiosa voce che ci fa sentire così male il giorno dopo, ma nel trovare una soluzione al problema ci aiuta molto poco.
Come dire: a me non importa molto sapere se sono geneticamente programmata per farlo; io ho la certezza di essere emotivamente programmata per farlo. Niente mi dà quella consolazione sicura, veloce e pronta al'uso come il cibo.
Non esiste una cura materiale, ma esiste la possibilità di rallentare le mascelle e fermarsi a pensare: quali sono  miei triggers? Le situazioni che contribuiscono in modo ricorrente a gettarmi in questo stato d'ansia? I momenti della giornata (o, perchè no, del mese) in cui perdo il controllo più facilmente?
Una volta imbarcati su questo lavoro di autoanalisi bisognerebbe poi 'sostituire' il cibo come mezzo di procura di emozioni positive con altri mezzi, più innocui e salutari. Leggere, fare una passeggiata, passare più tempo con gli amici. Alcuni ci riescono. Io non sono tra questi. Ogni volta che mi riprometto di non usare più il cibo come cuscinetto emotivo (con la conseguente eliminazione dei  cuscinetti adiposi) so che quella appena compiuta non sarà l'ultima abbuffata.
Ma c'è una cosa di cui sono sicura: che se riusciamo a fermarci abbastanza in tempo per identificare i nostri triggers, dovremmo anche porci la domanda fondamentale: quale emozione cercando di coprire?
Guardiamole in faccia le nostre paure e i nostri dolori. Se le nutriamo a forza di patatine e cioccolata torneranno ancora più corposi di prima.

Foto: Pexels, Pixabay

Seguimi su Facebook

Invidia e shopping


Qui in spiaggia è pieno di coppiette armate di uno o più pupi. Io, di nuovo single, mi sento una specie in via di estinzione. Vista la situazione, penso che la cosa più sensata sia venire in spiaggia al mattino prestissimo, quando ancora in giro ci sono solo pensionati in cerca di vongole, o al tramonto, quando sono ormai tutti a cena.
Mi ci vuole una buona mezzora di corsa e una sessione di shopping semi-compulsivo per calmarmi e giungere alla conclusione che ci saranno sempre mille motivi per essere gelosi di chiunque. Non importa che io sia single o sposata, ricca o povera, mangiauomini o timida. Visti col filtro dell'invidia, gli altri ci possono apparire più realizzati, più felici, più belli e fortunati, ma la realtà è che non sappiamo cosa succede nelle loro vite. Ognuno ha i propri drammi, le proprie debolezze e le storie tristi, magari non esibite, al contrario delle foto col mojito in spiaggia o coi mariti fighissimi. Nessuno è immune dal dolore, dall'insicurezza, dai rimpianti, i rimorsi, i lutti e le cose della vita su cui non abbiamo alcun potere. Chissà cosa non dice la foto del coktail ai tropici; magari che chi l'ha scattata ha una fifa blu perchè ha speso tutti i risparmi in quella vacanza ma sa che l'azienda per cui lavora sta per chiudere. Chissà quale problema affligge la coppia apparentemente perfetta: ne ho conosciuta una, qualche anno fa; bellissima lei, una di quelle che trasudano girl-power, con un taglio di capelli che ha sempre un senso; belllissimo lui, fisico da urlo, viso anche meglio, e pure gentile e cavaliere.  Quando li vedevo uscire dal loro curatissimo cottage ed entrare nella cappottabile perennemente lucidata di fresco, dovevo trattenermi dalla tentazione di spiarli da dietro le tende e reprimere a forza l'istinto di morire di invidia cieca. Solo quando ho saputo che lui stava lottando contro il cancro ho avvertito tutta la mia pochezza e superficialità.
Stamattina presto, oltre ai pensionati col secchiello e il retino, c'era anche una ragazza col pancione. Il pancione sarà stato di sette o otto mesi e lei avrà avuto forse trent'anni.
Chissà se io avrò mai un bambino.
O magari due.
E soprattutto,  chi sarà il padre?
Ho ventitrè anni; a quest'età potrei essere benissimo madre senza essere considerata precoce. Ma poi, il ricordo del mio passato atteggiamento superficiale interviene a suggerirmi che non solo sono ancora giovane per la maternità; non è nemmeno il momento giusto. Perchè? Vogliamo parlare di quanto è incasinata la mia vita affettiva?
Ci sono due uomini che occupano i miei pensieri:
1. Piergiorgio. Ex-boyfriend, ferita recente, rapporto mai decollato, litigi all'ordine del giorno con relativa rottura e riappacificazione. A volte ne sento la mancanza, mi prende quell'acuto desiderio di averlo vicino, perchè di fatto abbiamo condiviso momenti piacevoli (anche se, forse, non così intensi) e lui è alquanto bello. Ma un figlio con lui non lo farei mai. Troppo cinico. E poi è troppo diverso da me: ci troveremmo sicuramente in disaccordo in materia di educazione.
2. Uomo immaginario. Affascinante, cavaliere, intelligente e sensibile. Mi adora, mi trova bella perfino al mattino, mi ascolta quando parlo, a letto è un mago, padre perfetto, insomma la vita accanto a lui scorre che è una meraviglia. Possibilmente in carne ed ossa (evitare di ripiegare su bamboli gonfiabili, prodotti onirici o improbabili fantasie con attori hollywoodiani).
Ecco, appunto.
Be grateful for what you have: sii grato per ciò che hai. Chissà che non scopra che, per motivi che nemmeno immagini, non siano gli altri ad invidiare te.

Foto: Gonghuimin468, Pixabay
Seguimi su Facebook

Razionalità da hangover


4:00 AM

Uno dei misteri che non riesco a risolvere è come mai di sera il vino sembra il mio migliore amico, le ali su cui volare, il nettare che fa l'amore con le papille gustative ed esalta la degustazione del cibo; il tonico che mi apre la mente e mi rende acuta, mi spinge a parlare di politica e di spiritualismo, mi dona quella visione a 360 gradi grazie alla quale esco dalla percezione limitata ai cinque sensi e mi innalzo su una consapevolezza cosmica di ampio respiro; il ricostituente che mi fa fare pace con la mia vita e mi manda a letto contenta.
Salvo poi svegliarmi nel cuore della notte con la bocca secca, lo stomaco in fiamme e un mal di testa da post-lobotomia. E soprattutto, perchè mi alzo da cena convinta di averne bevuta una quantità trascurabile e adesso mi pare che qualcuno contro la mia volontà me ne abbia iniettato un paio di litri per endovena.
In attesa che passi la sbornia, sto pensando ad alcune situazioni che mi capitano spesso al lavoro, situazioni da cui vorrei imparare a tirarmi fuori nel modo più elegante possibile. Ora, non è che io sia una strafiga, ma faccio un lavoro che mi porta a contatto con tanta gente in un contesto ricreazionale e credo di essere mediamente attraente. Mi capita molto spesso che gli uomini mi chiedano di uscire.
Questo nella migliore delle ipotesi.
Accanto a quelli dai modi 'normali' esiste un'ampia categoria di uomini che si prendono una confidenza a cui, per qualche strano motivo, pensano di avere diritto e non ti chiedono di uscire, ma cominciano a farti domande e ad entrare nel personale mentre servi loro una birra o vengono alla cassa a pagare.  Per loro, deve essere un modo per dimostrare attenzione o esplorare il terreno senza suonare irreparabilmente 'ufficiali' con la fatidica domanda 'ti va di prendere un caffè'. Per me, questo approccio equivale a un nome cancellato da una lista. Siccome con gli stessi clienti devo farci i conti più o meno tutti i giorni, credo di aver bisogno di una strategia che mi venga in soccorso ogni volta che ho la tentazione di mettere in pratica su un bersaglio umano le  lezioni di kick-boxing che ho preso. Un repertorio di risposte  adatte, che mi permetta di mantenere una distanza di sicurezza senza risultare scortese. Semplicemente e giustamente gelosa della mia privacy.

Situazione n.1:
"Scusa, ma tu sei fidanzata?" (domanda del burino di turno, come se esordire con la richiesta del tuo stato civile fosse un normale modo di intraprendere una conversazione)
Modello di risposta: "Devi scusarmi, ma in genere non parlo volentieri di queste cose".
(Ovviamente se il burino ha una somiglianza tutt'altro che vaga con Raoul Bova, Patrick Dempsey, Matt Damon, Paul Newman ai suoi tempi d'oro o Ryan Gosling, allora la risposta è 'Assolutamente no')

Situazione n. 2
"Perchè non mi fai vedere dove abiti?"
Modello di risposta: "Apprezzo l'interesse topografico ma mi vedo costretta a rifiutare"
(Come sopra, se l'invito viene da sosia di Hugh Jackman, Leonardo di Caprio ai tempi di Titanic, Ryan Reynolds o Orlando Bloom, disegna mappa su qualsiasi mezzo idoneo alla scrittura e consegna copia chiave)

Situazione n. 3
"Dovresti lasciarmi il tuo numero" (cioè: 'dovresti'; neanche 'forse potresti')
Modello di risposta: "Scusami, ma in genere non lo faccio mai"
(E io qui, per par condicio, includerei anche Jake Gyllenhall, Channing Tatum ed Eric Bana. Se poi si tratta di James Franco, allora il 'dovresti' è giustificato. In casi come questi, la risposta diventa "Perchè non mi lasci il tuo?". E se lui si rifiuta significa che il burino è già impegnato)

04:21 A.M.
 Resta il fatto che ho mangiato e bevuto troppo. Forse dovrei fare un paio di giorni a base di anguria e melone.

04:23 A.M.
Il sonno non torna.

04:26 A.M.
Mal di testa

10:27 A.M.
Azz! Quanto è tardi!

Foto: KELLEPICS, Pixabay

I libri di Alice

Seguimi su Facebook

Bye drammi emotivi, benvenuta razionalità


Il vantaggio di emigrare su quello che io chiamo 'nuovo livello di gestione dell'altro sesso' (indotto dagli errori commessi nelle precedenti relazioni ma anche dallo studio delle Regole, vedi post precedente) è che le tue energie si concentrano su obiettivi definiti e pratici, piuttosto che venir scialacquate in piagnistei e tentativi di arti divinatorie dietro a un pò di testosterone.
Ad esempio, invece che sprecare tempo e risorse mentali a pensare alla fine della mia relazione, posso procedere a riordinare le stanze della mia 'dimora spirituale'. Questo mio piccolo esercizio mentale, in cui mi sto esercitando da qualche giorno, consiste in ciò che alcuni chiamerebbero 'training autogeno', altri 'terapia cognitiva'; per me significa soprattutto osservare le proprie reazioni -battito cardiaco accelerato, insorgere di una risposta ansiosa, sensazione di rilassamento, stato d'animo adrenalinico ecc- quando visualizzo e metto in ordine priorità, incombenze e situazioni che mi fanno stare bene o male.
Quando, ad esempio, visualizzo:
- l'assicurazione da pagare
- la rata della macchina
- la rata per l'installazione dell'impianto a metano sulla macchina
- gomme nuove della macchina e rimessa a punto dal meccanico,
ecco, a questo punto sento che, anche se correntemente mi trovo in posizione di yoga e ho gli occhi chiusi, mi prende come un senso di soffocamento in corrispondenza dello sterno. Mi chiedo se questa sia una possibile reazione fisica ad uno stato d'ansia. Probabilmente lo è (visto anche che il mio conto corrente è come il mio frigo: perennemente vuoto).
Nel momento in cui mi ripropongo l'acquisto di un nuovo telefono, così posso restituire a Piergiorgio (chi è Piergiorgio? Leggi qua e qua) quello che mi ha regalato lui, la sensazione di sopraffazione comincia a rarefarsi; mi sto di nuovo rimettendo in marcia, mi sto dando un obiettivo che viene a salvarmi dalla mia impotenza (data difficoltà di riempire conto corrente, proporzionalmente inversa a facilità con cui posso riempire frigo).
Se poi voglio affrancarmi dalla frustrazione sopraggiunta con l'arrivo nella casa al mare di alcuni familiari che nell'ottica karmica dovrei accogliere come una benedizione ma nel contesto prosaico della vita terrena sono dei gran rompiballe -sorella che idolatra Maria de Filippi e fratello che si ostina a produrre rumori funesti provenienti dalla Play Station-, allora mi visualizzo snella, tonica e con il six-pack.
Che poi mi riporta all'inizio, perchè siccome io il six-pack non ce l'avrò mai (gli addominali fanno male il giorno dopo e a me piacciono troppo gli aperitivi), nasce l'esigenza di avvalersi di un aiuto artificiale, tipo elettrostimolatore, che però costa quando una rata della macchina, ed eccola là, l'ansia, di nuovo.
E' un circolo vizioso, ma se ne può uscire. Basta fare pratica, lo so.

23:25
Piacevolissima serata in compagnia di Teo, che è venuto a trovarmi al mare. Teo è un amico che forse ha una remota, e comunque mai confessata, infatuazione per me. Tale infatuazione non è affatto corrisposta, ragion per cui esercitarmi nelle Regole con Teo mi riesce facilissimo. Il risultato è molto buono: buona la compagnia, buono il vino, buono il cibo e buona la conversazione.
E' normale che il vino mi stimoli a parlare di politica?
Boh...adesso, comunque, ho sonno.
Buonanotte

Foto: Concord90, Pixabay

Seguimi su Facebook